di Ruggero Tantulli
Mezzo secolo fa il Cile eleggeva democraticamente il primo presidente latinoamericano dichiaratamente socialista. Salvador Allende, a capo della coalizione Unidad Popular, conquistò il 36,29% dei voti, portando al governo un programma noto come la "via cilena al socialismo". Una rivoluzione democratica, quella del "compagno Presidente", durata solo tre anni. Distrutta dal golpe di Pinochet e degli Usa
Il 4 settembre 1970, esattamente 50 anni fa, Salvador Allende vinceva le elezioni presidenziali in Cile, diventando il primo socialista a insediarsi alla Moneda, il palazzo presidenziale di Santiago. Non solo. Allende, con la sua coalizione Unidad Popular, divenne anche il primo presidente dichiaratamente socialista democraticamente eletto in America Latina. Dettaglio non da poco, nel pieno della Guerra Fredda e per di più all'interno del "cortile di casa" degli Stati Uniti.
Tanto è vero che l'esperienza di Unidad Popular, ancora oggi ricordata da milioni di cileni (e non solo) per aver inaugurato la "via cilena al socialismo", è stata bruscamente e tragicamente interrotta solo tre anni dopo, l'11 settembre 1973, con il colpo di Stato dei militari. Un golpe preparato a Washington dalla Cia, appoggiato dal presidente statunitense Richard Nixon, che rovesciò il governo democratico del Cile, bombardando il palazzo presidenziale e instaurando la feroce dittatura di Augusto Pinochet. Salvador Allende morì suicida.
Laureato in Medicina, Allende fu tra i fondatori e principali animatori del Partito socialista del Cile, diventandone poi segretario. Deputato, ministro, senatore, Allende vinse le elezioni del 1970 con il 36,29%, conquistando la presidenza del Cile a 62 anni.
Tra le forze politiche che sostennero la sua maggioranza, oltre al Partito socialista, figuravano il Partito comunista del Cile - che inizialmente aveva candidato il poeta Pablo Neruda -, il Partito radicale e il Movimento d'azione popolare unitario, composto da fuoriusciti di sinistra della Democrazia cristiana cilena.
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