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Usa, virus e minoranze: stessa tempesta, barche diverse

di Domenico Maceri*

Dal Nordest al Midwest, i contagi non hanno trovato barriere geografiche negli States. Ma dal punto di vista socio-economico sì: poveri, afroamericani e latinos i più colpiti dalla pandemia. Se il prossimo presidente vorrà dare una sterzata, non potrà che partire dalla riduzione delle disuguaglianze


«Siamo tutti nella stessa tempesta ma ovviamente non siamo tutti sulla stessa barca». Ecco come David Saunders, il direttore dell'Ufficio di Equità sanitaria della Pennsylvania, ha spiegato la differenza degli effetti del Covid-19 sui diversi gruppi etnici e sociali in America. La pandemia ha colpito tutti i segmenti della società ma ovviamente i più poveri e i gruppi minoritari sono stati puniti più severamente.


Dal Nordest al Midwest: il virus non ha confini


All'inizio della pandemia si credeva che i focolai si sarebbero concentrati in alcune regioni degli Stati Uniti. Il Nordest ha avuto effetti devastanti ma nelle ultime settimane gli Stati del Sud, quelli dell'Ovest e adesso anche del Midwest ne risentono di più.

Il problema è stato aggravato dalla politica nazionale largamente assente che ha lasciato agli Stati la responsabilità di affrontare il Covid-19.


Donald Trump e i suoi collaboratori credevano che tutto si sarebbe risolto senza grandi sforzi, sottovalutando il pericolo. Poi, quando il problema sembrava essere isolato al Nordest del Paese, zona governata dai liberal, la Casa Bianca ha deciso, secondo un articolo di Vanity Fair, di stare alla larga e assegnare la colpa ai Democratici per la pandemia. Un grosso sbaglio non solo umano ma anche politico, perché i contagi si sono poi trasferiti anche al Sud e nel Midwest, la roccaforte dei sostenitori di Trump.


Una questione di classe?


Se la pandemia non ha discriminato dal punto di vista geografico lo ha fatto però dal punto di vista sociale ed economico.

I più poveri in tutte le parti del Paese hanno sofferto in proporzioni maggiori.

A differenza dei professionisti che sono riusciti a continuare a lavorare da casa mediante Internet, i ceti più bassi sono stati costretti a presentarsi ai luoghi di lavoro che richiedono la presenza fisica.


Spesso questi lavori non permettono sufficiente distanziamento e il ritorno a casa di solito non include spazi domestici molto vasti.

Questi individui spesso fanno lavori essenziali: sanità, cliniche, fattorie, fabbriche, supermercati e trasporti pubblici. Sono ovviamente esposti al pubblico e agli inevitabili rischi di contagio.


Virus e minoranze: le cifre della discriminazione


Un'analisi della Npr (National Public Radio) ci informa che il possibile contagio degli afro-americani è due volte maggiore di quello che ci si aspetterebbe tenendo in conto la proporzione di popolazione. In quattro Stati la cifra è quattro volte maggiore.


A livello nazionale i bianchi rappresentano il 61 percento della popolazione, seguiti dagli afro-americani col 17 percento e dai latinos col 12 percento.

Le vittime dei decessi causati dalla pandemia sono rispettivamente per il 52 percento bianchi, 22 percento afro-americani e 17 percento latinos.


In alcuni Stati le cose sono molto più gravi. In Alabama gli afro-americani rappresentano il 27 percento della popolazione ma il 45 percento dei decessi.

In California, lo Stato più popoloso con 40 milioni di abitanti, i latinos rappresentano il 39 percento della popolazione ma hanno sofferto il 55 percento dei contagi.

Queste dolorose cifre non riflettono la completa realtà poiché non pochi ospedali escludono l'etnia dei pazienti nei loro rapporti.


Le morti tra i gruppi minoritari sono anche molto più alte di quelle tra i bianchi per ovvie ragioni. I decessi di Covid-19 sono spesso determinati da malattie croniche dei quali gli anziani soffrono di più. Ma ne risentono di più anche i gruppi minoritari poiché la loro assicurazione medica è spesso precaria e se devono scegliere fra andare dal medico o pagare l'affitto spesso rimandano le cure mediche che si accumulano. Con serie conseguenze.


La situazione è stata anche peggiorata dal fatto che non pochi "red states" (stati conservatori) si sono rifiutati di ampliare l'assicurazione ai ceti bassi sancita dall'Obamacare, la riforma sanitaria del 2010, approvata dall'ex presidente Barack Obama.

La pandemia ha messo a nudo che quando il governo se ne lava le mani, come ha fatto il presidente Trump, tutti ne soffrono ma specialmente i meno abbienti. Ciò è avvenuto in America, un Paese ricco, dove Trump si è preoccupato più della rielezione che della salute dei cittadini.


Un cambio di passo necessario


Ma questa politica del 45esimo presidente si è sentita anche a livello internazionale perché le risorse degli Stati Uniti non sono disponibili ad alleviare le sofferenze in Paesi meno "sviluppati". La politica dell'"America First" dell'attuale inquilino della Casa Bianca ha abdicato alla leadership americana nel mondo con l'isolamento del Paese.

Le conseguenze sono disastrose poiché le notevoli risorse economiche e scientifiche degli Stati Uniti potrebbero apportare contributi sostanziosi al bene mondiale.


Gli americani hanno notato la pessima qualità della leadership di Trump e tutti i sondaggi lo danno perdente alle elezioni del 3 novembre.

Un'eventuale presidenza di Joe Biden dovrà fare molto per ridurre il gap fra benestanti e poveri non solo dal punto di vista della sanità ma anche da quello sociale ed economico.

Dopotutto è difficile separare la sanità dal resto delle altre attività umane.



*Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all'Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.

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