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Germania, «morti non si sa di cosa» segnati tra i decessi Covid

Secondo i dati ufficiali interpretati dall'esperto tedesco Bertram Häussler, intervistato da Die Welt, l'80 percento dei decessi Covid registrati da luglio 2021 non è causato dal virus. Conclusioni simili erano arrivate in autunno da uno studio in Regno Unito. In Italia abbiamo una ricerca di Istituto superiore di sanità e Istat: i suoi risultati sono diversi da quelli inglesi e tedeschi. Per il sistema di certificazione italiano si preannunciano cambiamenti nei certificati di morte e nei bollettini ufficiali,già applicate in alcune Regioni italiane


Il nuovo coronavirus è stato la reale causa di morte solo in una piccola parte dei deceduti conteggiati nelle statistiche ufficiali: da luglio solo un 'decesso Covid' ogni cinque si può attribuire al virus. Il resto dei pazienti è morto per un'altra patologia o per un'altra causa. Lo afferma il medico e sociologo Bertram Häussler in una recente intervista pubblicata sul quotidiano tedesco Die Welt. Secondo l'esperto, che presiede l’istituto di ricerca Iges di Berlino, quasi l’80% dei decessi ufficiali di Covid segnalati dall’inizio di luglio è relativo a persone contagiate più di cinque settimane prima della morte. Per queste persone «il coronavirus non è la vera causa del decesso», dice lo studioso. In effetti nel Regno Unito chi muore dopo più di quattro settimane dal tampone positivo non è più considerato 'decesso Covid'.


«I deceduti tra i guariti diventano decessi Covid»


Secondo Häussler, inoltre, ci sono «3,8 milioni di persone in Germania che sono sopravvissute all'infezione - spiega il medico - statisticamente, circa cento di queste persone guarite muoiono ogni giorno per altre cause ma vengono considerate in base a una positività segnalata anche mesi fa».


«Vengono così inseriti nelle statistiche del Robert Koch Istitute come morte per Covid, ma potrebbe anche trattarsi di una persona anziana contagiata nel 2020 e che ora è morta per insufficienza cardiaca». Questo conteggio riguarderebbe, secondo Häussler, non solo i positivi di lungo termine, cioè le persone in buona salute che risultano positive al tampone anche per tre mesi, bensì anche i negativizzati.


Bertram Häussler dubita che un'eventuale impennata della mortalità invernale potrà così attribuirsi esclusivamente al virus. Resta un'ipotesi non contemplata identificare e aggredire le cause - complementari al virus - dell'elevata mortalità riscontrata in certi Paesi (in Europa soprattutto Italia, Belgio, Gran Bretagna e Spagna). La sindemia rimane ignorata.


IL MINISTERO DEGLI INTERNI TEDESCO DETTAVA LA LINEA ALL'ISTITUTO ROBERT KOCH

L'INCHIESTA DI DIE WELT


Vignetta apparsa sul Washington Post nel 2018
Vignetta apparsa sul Washington Post nel 2018

Non è la prima volta che l'istituto Robert Koch finisce nell'occhio del ciclone. Lo scorso inverno un'inchiesta - sempre del Die Welt - aveva rivelato documenti scottanti: il ministero degli interni tedesco dettava la linea ai ricercatori e preparava il terreno per terrorizzare la popolazione con notizie angoscianti, ma anche con dati 'scientifici' gonfiati.


Cosa dice l'Istituto Robert Koch


«Le statistiche dell’Rki includono le morti Covid-19 dove la presenza del virus Sars-CoV-2 è stata confermata in laboratorio. Per questo, è spesso difficile decidere in concreto fino a che punto l’infezione da coronavirus ha contribuito direttamente alla morte. Vengono comunque registrate sia le persone positive morte direttamente a causa della malattia sia quelle positive dove le prove sulla causa di morte non possono essere considerate come definitive».

L’Rki aggiunge inoltre che i decessi di casi Covid-19 «sospetti», morti senza essere stati sottoposti al test, possono essere esaminati post-mortem per cercare evidenze sulla presenza del virus. Come in Italia, affinché una persona possa essere inserita tra i deceduti per Covid-19, è necessario (ma non sufficiente) un tampone positivo.


Dopo il tampone, gli altri requisiti per la definizione di decesso Covid in Italia


In aggiunta alla diagnosi di positività al Sars-cov-2, l'Iss richiede:


1. Presenza di sintomi riconducibili alla Covid-19. Tra questi ci sono sintomi respiratori, stati febbrili, dolori muscolari e osseri, disordini gastro-intestinali


2. Assenza di una chiara causa di morte diversa dal COVID-19 o comunque non riconducibile all’infezione da SARS-CoV-2 (per esempio trauma). Secondo l'Iss non sono da considerarsi tra le chiare cause di morte diverse da Covid-19 qualsiasi patologia precedente al contagio, anche correlabile al decesso stesso. Per esempio, sono patologie pre-esistenti il cancro, le patologie cardiovascolari, renali ed epatiche, la demenza, le patologie psichiatriche ed il diabete. Questo è il fattore soggetto a maggiori difficoltà di interpretazione. In oltre il 55% degli italiani morti di Covid erano presenti danno renale acuto (24,7%), sovrainfezione (19,9%) e danno miocardico acuto (10,2%)


3. Assenza di periodo di recupero clinico completo tra la malattia e il decesso. Per periodo di recupero clinico completo deve intendersi la documentata completa remissione del quadro clinico e strumentale dell’infezione da Sars-CoV-2


Cosa sostengono Istat e Iss


L’Istat e l’Iss hanno pubblicato uno studio, basato su circa 5 mila cartelle cliniche: secondo i due istituti nell'89 percento dei casi la Covid-19 è stata la causa direttamente responsabile della morte. "È presumibile che il decesso non si sarebbe verificato se l’infezione da Sars-CoV-2 non fosse intervenuta", si legge sul rapporto.


Cosa dicono le statistiche inglesi


Recenti statistiche pubblicate dal National health system britannico rivelano che un paziente positivo su quattro ricoverato in ospedale era stato in realtà ricoverato e curato per altri motivi: il coronavirus è stato scoperto soltanto perché durante l'ammissione vengono svolti i tamponi, ormai di routine. Sempre dalla Gran Bretagna uno studio pubblico ha rivelato che circa un terzo dei decessi Covid non sia riconducibile al virus perché vi era un'altra causa evidente di morte. Anche per questo gli enti britannici dall'autunno scorso hanno rivisto il sistema di raccolta dati rendendolo più preciso. È probabile che la stima fatta dagli inglesi sia quella più veritiera, rispetto a quella dell'esperto tedesco (elaborata a partire da luglio 2021) e quella prudenziale elaborata dall'Istituto superiore di sanità e Istat.

(L'articolo di un medico sulle problematiche relative ai certificati di morte)


Sottostima o sovrastima delle morti?


In Italia le informazioni arrivano dai certificati di morte e dalle relative cartelle cliniche, l'Istituto superiore di sanità li analizza e ne dà un resoconto nella sua analisi periodica. Un resoconto discutibile per un vizio ab origine: la gran parte dei positivi deceduti diventa, di fatto, un deceduto Covid.


Compilare una scheda di morte è un processo complesso che può dar luogo a diversi tipi di errore, sia nel metodo, nelle regole o nei sistemi utilizzati sia accidentale. Le regole fornite dall'Iss per la compilazione, infatti, potrebbero non fotografare la realtà dell'emergenza e di diagnosi frettolose o malattie pre-esistenti sconosciute non valutate correttamente. In certi casi lo suggeriscono diverse testimonianze raccolte tra il personale sanitario - dottor Bassetti incluso - e da parenti di alcune vittime.


Non solo: anche certi pazienti negativi possono essere considerati come morti Covid a certe condizioni. Nel conteggio dei malati Covid-19 e dei loro sintomi svolto per l'Iss da Epicentro, infatti, rientra un buon 20% in più di pazienti già negativi e non inseriti negli "attualmente positivi" delle statistiche riportate da ministero e Protezione civile. Se uno di questi pazienti negativi muore, c'è la possibilità che finisca tra le vittime ufficiali del Covid.


L'interpretazione ufficiale - sostenuta dall'argomento dell'eccesso di mortalità attribuito ai casi non diagnosticati - rimane comunque quella di una sottostima dei decessi Covid, non invece di una sovrastima, che molti sospettano.

Altre novità in Italia: "le due epidemie", cambia il bollettino


«Avremo due pandemie: una per i vaccinati e una per i non vaccinati», lo ha ribadito Sergio Abrignani del Comitato tecnico-scientifico, ed è un concetto che viene ripetuto in lungo e in largo. Detto, fatto:

"L’idea di fondo è di evidenziare le due epidemie distinte, una degli immunizzati che raramente finiscono intubati e una dei non vaccinati, ma anche prevenire le fake news che si moltiplicheranno quando in autunno le ospedalizzazioni saliranno"
(Fonti ufficiose del ministero della Sanità riportate su Fanpage, Huffpost, Messaggero, 30 agosto 2021)

Cambierà il celebre bollettino su contagi, morti e ricoveri: le Regioni invieranno a Roma tutti i dati in loro possesso separandoli per vaccinati e non vaccinati. Questo comporterà variazioni o cambiamenti anche riguardo alla causa di morte? Nell'ottica di ottenere informazioni più precise ma anche di voler dimostrare la teoria delle "due epidemie" e di voler promuovere il vaccino, potranno sorgere discriminazioni sull'attribuzione della causa di morte tra i positivi vaccinati e non?


In ogni caso, se i dati sui decessi saranno raccolti con criteri diversi rispetto al passato, potrebbe diventare ancor più difficile il confronto tra le ondate del 2020 e 2021 e quelle che potrebbero arrivare. Confonti e verifiche restano sempre molto difficili da effettuare, visto che i dati disaggregati riguardo alle caratteristiche sanitarie e demografiche dei pazienti continuano a non essere aperti alla comunità scientifica.



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