Disporre altri sei mesi di misure eccezionali andava contro la Costituzione spagnola, almeno secondo il sommo tribunale con sede a Madrid. L'omologo della nostra Corte costituzionale ha fatto fuori pure il trasferimento dei poteri alle Regioni, le quali poi decidevano restrizioni di diritti fondamentali senza criteri precisi né determinabili in anticipo. È il secondo intervento dei giudici: naufragate le sanzioni, un anno intero di multe rimborsate, non riscosse o in via di annullamento
Il governo spagnolo ha prorogato lo stato di emergenza, ma non poteva farlo in quel modo. Lo ha deciso il tribunale constituzionale del Paese
È la seconda sentenza di incostituzionalità, dopo quella di luglio 2021 sul primo lockdown dell'ondata di marzo 2020
Per il Tribunal costitucional non erano chiari i limiti dei poteri, affidati dal governo centrale ai governatori locali, senza un sostanziale controllo parlamentare, avvenuto solo formalmente
Secondo i giudici non sono illegittimi le quarantene, il coprifuoco e i limiti di capienza in quanto tali, ma lo diventano se disposti senza limiti nè controlli coerenti, logici e ragionevoli
«La proroga di sei mesi è stata disposta in modo del tutto incoerente rispetto ai precetti costituzionali e rispetto alle ragioni che il governo stesso ha presentato per sollecitarla»
Sentenza del Tribunal costitucional
È perentoria la recentissima sentenza del Tribunal costitucional spagnolo, che colpisce, per la seconda volta, l'impianto normativo voluto dal governo Sanchez a partire da marzo 2020.
Le modalità e le motivazioni utilizzati dal governo spagnolo sono di nuovo illegittimi. Questa volta, secondo i giudici, la censura è più specifica e riguarda il secondo lockdown, cioè quelli delocalizzati e di fatto delegati alle decisioni delle Comunità autonome. La sentenza era attesa, dopo che quest'estate proprio il sommo Tribunal aveva già cancellato il primo stato di emergenza: da lì sono partite conseguenze legali a catena, dall'annullamento fino al rimborso delle multe pagate per violazione delle restrizioni.
Secondo i giudici i provvedimenti di proroga dello stato di emergenza (chiamato in Spagna estado de alarma), emanato ad ottobre 2020, difettavano della forma e del contenuto necessari per poter prolungare ancora lo stato d'eccezione e adottare norme e restrizioni straordinare. Ufficialmente il governo Sanchez lo aveva poi lasciato finire a maggio 2021, senza prorogarlo come invece sta avvenendo in Italia.
Il tribunale costituzionale ricorda che un vero e proprio trasferimento di funzioni così penetranti alle Comunità autonome non è concesso dall'ordinamento spagnolo. Delega che risulta ai giudici manifestatamente irragionevole perché secondo loro il governo non aveva fornito sufficienti certezze su quali norme sarebbero state applicate, dove, quando e per quanto tempo.
L'attuazione delle restrizioni era affidata alle decisioni dei presidenti delle Comunità autonome, e quindi - scrivono i giudici - furono autorizzate senza sapere quali limitazioni in concreto sarebbero state applicate al ricorrere di circostanze che dovevano essere precisate o pre-determinabili.
Il governo spagnolo sarebbe anche riuscito ad «aggirare il sistema di controllo parlamentare, che al servizio della formazione di un'opinione pubblica attiva e vigile e e non può in alcun modo essere evitato durante uno stato costituzionale in crisi», si legge nella sentenza. Formalmente gli atti sono passati dal parlamento, ma in sostanza quest'ultimo non aveva la facoltà di entrare nel merito: deputati e senatori non potevano controllare quali misure fossero concretamente applicabili, né capire se e quali restrizioni sarebbero state applicate per i prossimi sei mesi.
L'incostituzionalità non riguarda pertanto la durata della proroga, ma le modalità della sua determinazione: il lasso temporale di sei mesi è stato deciso in maniera irragionevole e persino indeterminabile.
A differenza della sentenza sul primo stato d'emergenza, che aveva annullato direttamente tutti procedimenti sanzionatori in corso e in alcuni casi portato a rimborsare le multe già versate, questa volta i singoli tribunali dovranno valutare caso per caso i ricorsi dei cittadini.
La prima trance di sanzioni era stata un insuccesso: pochissimi spagnoli le hanno pagate e milioni di euro pubblici sono stati spesi per il recupero crediti, affidato a società private e poi fermato definitivamente dal giudice costituzionale.
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